Il “cuore d’atleta” è un aspetto affascinante legato all’allenamento di resistenza: il battito più lento è infatti indice di un cuore allenato, sano ed efficiente. Ma fino a che punto la bradicardia è un utile adattamento e non un pericolo?

La bradicardia nell’atleta

La bradicardia è una condizione caratterizzata da una frequenza cardiaca inferiore alla norma, solitamente inferiore a 60 battiti al minuto. Negli atleti – in particolare in chi si dedica alle discipline di resistenza (come corsa, ciclismo, nuoto etc.) in modo costante e continuativo – si registrano bradicardie a riposo a volte anche spiccate (un esempio illustre era Fausto Coppi, con 30 bpm a riposo). Durante il sonno poi, quando di norma si verifica un fisiologico rallentamento del battito, in questi atleti si possono registrare frequenze talmente basse da far pensare alla necessità di un pacemaker.

Il cuore d’atleta: adattamenti e benefici

Il cuore di un atleta allenato subisce adattamenti significativi in risposta all’allenamento regolare e intenso, sia a livello centrale (del cuore) sia periferico (vasi sanguigni, arterie, vene e capillari).
A livello centrale si può affermare che il cuore di un atleta è più grande e più elastico, presenta un ispessimento delle pareti, ha camere cardiache leggermente più grandi. A livello periferico, i cambiamenti anatomici riguardano soprattutto l’aumento della capillarizzazione, delle arterie coronarie e della vasodilatazione.

In un soggetto sedentario, anche dopo poche settimane d’allenamento, è possibile osservare una riduzione della FC di 8 – 10 bpm.

Bradicardia e performance

L’aumento della gittata cardiaca sotto sforzo è in grado di soddisfare maggiormente la richiesta di ossigeno da parte dei muscoli. Questi adattamenti consentono al cuore di mantenere una frequenza cardiaca più bassa poiché, pompando una quantità maggiore di sangue ad ogni battito, si riduce la necessità di un ritmo più accelerato.
Un cuore più forte ed efficiente lascia quindi intendere una miglior ossigenazione del corpo durante l’attività fisica. Questo si traduce in maggior resistenza, miglior tolleranza allo sforzo e minore fatica. Quando l’atleta cessa di allenarsi, il cuore subisce gradualmente un rimodellamento “inverso”, anche se, in studi recenti, si è evidenziato che le modifiche morfologiche in seguito a detraining sono meno evidenti negli atleti che praticano attività sportiva da più anni.

cuore d'atleta

Cuore d’atleta: vantaggio o pericolo?

Fino a che punto un cuore d’atleta può ritenersi un vantaggio e non un rischio per la salute?

Da un punto di vista anatomico, i cambiamenti cardiaci indotti dall’esercizio possono assumere rilevanza clinica in particolar modo tra gli sportivi più “anziani” ma anche quando si accumulano gli anni di pratica sportiva. Il “rimodellamento” sviluppato dal tessuto cardiaco può infatti presentare caratteristiche simili ad alcune patologie cardiache, come la cardiomiopatia ipertrofica (quando il miocardio si ispessisce al punto di compromettere la sua funzionalità) e l’insufficienza cardiaca. Non sono rari, poi, i casi di bradiaritmie, intese come eccessivo rallentamento del ritmo cardiaco, pause sinusali o blocchi del sistema di conduzione (atrioentricolari o senoatriali).

Precauzioni da adottare

Una visita medico-sportiva accurata ogni anno è un buon punto di partenza. Quando però l’età inizia ad avanzare – o gli anni di pratica sportiva si accumulano – e in tutti i casi di bradicardia accentuata o aritmie, è importante sottoporsi a visite cardiologiche, che in casi specifici possono prevedere l’holter cardiaco, o ECG holter: un esame diagnostico che utilizza un elettrocardiografo portatile per monitorare l’attività elettrica del cuore in un arco di tempo compreso tra le 24-48 ore.

Un consiglio che rivolgiamo a tutti, in particolar modo dopo i 40 anni di età – quando i tempi di recupero iniziano ad allungarsi – è allenarsi in modo strutturato, secondo le proprie zone di frequenza cardiaca. Questo è utile a ottimizzare l’allenamento in funzione degli obiettivi ma anche ad evitare di sovraffaticare eccessivamente il cuore e l’organismo in generale.

allenamento strutturato